4 dicembre 2013

Chi ben comincia #4 "Il libro segreto delle sirene" di P.C.Cast

Chi ben comincia #4 "Il libro segreto delle sirene" di P.C.Cast
 
Cover:
Trama:
Christine Canady, detta CC, sergente dell’Aeronautica militare statunitense, vorrebbe tanto un pizzico di magia nella sua normalissima, monotona vita. Così, la sera del suo venticinquesimo compleanno, mentre festeggia da sola nel proprio appartamento, non si limita a esprimere il classico desiderio, ma, per gioco, si spinge fino a improvvisare un misterioso rituale, invocando niente meno che l’intervento di una dea. Di certo non si aspetta che la sua richiesta venga esaudita... E invece, durante il trasferimento per una missione, l’aereo del sergente Canady precipita nell’oceano e la vita di Christine cambia per sempre. La ragazza, infatti, si risveglia incredula nel corpo di Ondina, la leggendaria sirena figlia del re del mare. L’oceano però si rivela ben presto un luogo molto pericoloso, e sua madre Gea, la dea della terra, decide di trasformarla in una fanciulla, permettendole di trovare rifugio sulla terraferma. Ma è al mare che Ondina desidera tornare, e all’affascinante Dylan, creatura degli abissi, che le ha rubato il cuore...
Incipit:
Con i sacchetti della spesa stretti fra le braccia, CC si sforzò di sfilare la chiave dalla serratura e di chiudere la porta con un piede. In modo meccanico, alzò lo sguardo verso l’orologio all’entrata del suo spazioso appartamento: erano già le sette e mezzo. Ci aveva messo un’eternità a finire le cose da fare al Centro di comunicazione e poi a passare all’enoteca e allo spaccio militare. Dopodiché combattere contro il traffico dalla base dell’Aeronautica militare di Tinker era stato come arrancare nel fango fino a metà ruota. A peggiorare la sua frustrazione, aveva provato a prendere una scorciatoia per casa e alla fine aveva sbagliato strada. Ben presto si era smarrita in modo irrimediabile. In una stazione di servizio Quick Trip, un buon uomo le aveva dato le indicazioni, e lei si era sentita costretta a spiegargli che era stata assegnata a Tinker da soli tre mesi e che non aveva ancora avuto il tempo di imparare le strade.
L’uomo le aveva dato una pacca sulla spalla come se fosse una bimbetta e le aveva domandato: «Che ci fa una giovane fanciulla come lei nell’Aeronautica militare?». CC aveva preso la domanda in modo retorico, lo aveva ringraziato ed era filata via, rossa in viso per l’imbarazzo.
Comprensibilmente, i nervi di CC, già a fior di pelle, scattarono allo squillo insistente del telefono.
«Un attimo! Sto arrivando!», esclamò e si precipitò in cucina, mollando con un tonfo i sacchetti sul piano di lavoro immacolato e avventandosi sul telefono.
«Pronto», disse con il fiato corto al suono smorzato del segnale di libero, interrotto solo dal bip bip ritmico della segreteria telefonica. «Be’, perlomeno hanno lasciato un messaggio». CC sospirò e portò con sé il telefono in cucina, inserendo il codice di accesso alla segreteria. Con una mano tenne il telefono all’orecchio e con l’altra tirò fuori due bottiglie di champagne da uno dei sacchetti.
«Sono presenti due nuovi messaggi», annunciò la voce elettronica. «Primo messaggio, inviato alle ore diciassette e trenta».
CC ascoltò con attenzione mentre strappava la capsula di metallo sul tappo della bottiglia di champagne.
«Pronto, Christine, siamo noi, i tuoi genitori!», cinguettò la voce registrata di sua madre con un suono un po’ artificiale e metallico.
«Ciao, Christine!», fece eco da un secondo apparecchio la voce di suo padre, più lontana ma altrettanto allegra.
CC sorrise indulgente. Era ovvio che fossero i suoi genitori: erano le uniche due persone al mondo che insistevano a chiamarla con il suo nome.
«Volevamo solo dirti che non ci siamo mica scordati del tuo grande giorno».
Sua madre fece una pausa e CC udì suo padre ridacchiare in sottofondo. Scordarsi del suo compleanno? Non aveva pensato che potessero farlo… fino a quel momento.
La voce concitata della madre riprese: «I preparativi per la prossima crociera ci stanno facendo morire! Lo sai quanto ci mette tuo padre a fare le valigie». E poi, sottovoce e in tono cospiratorio, aggiunse: «Ma non ti preoccupare, tesoro, anche se non ti abbiamo spedito il regalo, siamo riusciti a preparare una sorpresina per la nostra venticinquenne preferita».
«Venticinquenne?». Suo padre parve veramente stupito. «Oh, santo cielo. Credevo ne avesse solo ventidue».
«Il tempo vola davvero, caro», osservò sua madre in tono saggio.
«Cavolo se è vero, tesoro», convenne lui. «Ecco un motivo per cui ti ho detto che è il caso che viaggiamo di più… ma è solo un motivo». Ridacchiò in tono allusivo.
«Avevi proprio ragione a proposito di quel motivo, caro», sospirò sua madre in tono scherzoso, dando all’improvviso l’impressione di avere molti anni di meno.
«Stanno flirtando tra loro nel mio messaggio», borbottò CC. «E si sono davvero scordati del mio compleanno!».
«A ogni modo, ci stiamo preparando ad andare all’aeroporto…».
La voce di suo padre, sempre più lontana, la interruppe: «Elinor! Salutala, la limousine dell’aeroporto è arrivata».
«Be’, dobbiamo andare. Buon compleanno, tesoro! Ah, e divertiti nel viaggetto con l’Aeronautica. Non parti tra un paio di giorni?».
Nel viaggetto con l’Aeronautica?! CC alzò gli occhi al cielo. La sua missione di novanta giorni come sottufficiale incaricato del Controllo qualità nella base aerea militare di Riyāḍ, in Arabia Saudita, in appoggio alla guerra al terrorismo era solo un “viaggetto con l’Aeronautica”?
«E, tesoro, non preoccuparti del volo verso la tua destinazione. Sei grande, ormai dovresti avere superato quella sciocca paura. E, santo cielo, ti sei arruolata nell’Aeronautica militare!».
CC rabbrividì, desiderando che sua madre non avesse accennato alla sua fobia – gli aeroplani – dal momento che avrebbe presto attraversato in volo mezzo mondo sopra oceani d’acqua. Era l’unico aspetto dell’Aeronautica militare che non le piaceva.
«Ti vogliamo bene! A presto».
Il messaggio terminò e CC, continuando a scuotere la testa, premette il pulsante di spegnimento e appoggiò il telefono sul piano di lavoro della cucina.
«Non riesco a credere che vi siate scordati del mio compleanno! Avete sempre detto che è impossibile scordarselo perché sono nata poco prima di mezzanotte a Halloween». Rimproverò il telefono mentre prendeva un flûte da una vetrinetta. «Non vi siete nemmeno ricordati di farmi il regalo». Continuò a guardare di traverso il telefono mentre lottava con il tappo della bottiglia di champagne.
Nei sette anni in cui CC era stata in servizio attivo nell’Aeronautica degli Stati Uniti, i suoi genitori non si erano mai scordati del suo regalo di compleanno. Fino ad allora. Il suo venticinquesimo compleanno: aveva vissuto un quarto di secolo. Quell’anno segnava una vera svolta nella sua vita e lei lo avrebbe festeggiato senza il regalo dei suoi genitori.
«È una tradizione di famiglia!», borbottò, facendo saltare il tappo e tenendo la bottiglia spumeggiante sopra il lavabo.
CC sospirò e sentì un’improvvisa fitta di nostalgia.
No, rammentò a se stessa con severità, la vita nell’Aeronautica militare le piaceva e non si era mai pentita della decisione impulsiva di arruolarsi subito dopo il liceo. Dopotutto, l’aveva portata via dalla sua bella, banale, tranquilla vita di provincia. No, non è che avesse proprio “conosciuto il mondo”, come avevano promesso le pubblicità. Ma aveva vissuto in Texas, Mississippi, Nebraska, Colorado e ora in Oklahoma, ovvero in cinque Stati in più rispetto a quelli che la maggior parte dei suoi felici concittadini di Homer, Illinois, avrebbe mai persino visitato.
«Esclusi i miei genitori, a quanto pare!». CC riempì il flûte di champagne, bevve un sorso e batté il piede a terra… continuando a guardare di traverso il telefono. Sembrava che l’anno precedente i suoi genitori avessero partecipato a più crociere di quanto fosse umanamente possibile. «Forse stanno cercando di stabilire una specie di record». A CC tornò in mente il tono civettuolo delle loro voci e si affrettò a chiudere gli occhi a quell’immagine.
Li riaprì di scatto e fissò di nuovo il telefono.
«Ma mamma, nemmeno i biscotti con le gocce di cioccolato fatti in casa?». Bevve un sorso di champagne e scoprì che aveva bisogno di un altro bicchiere. «E come faccio a coprire tutti i gruppi alimentari senza il mio regalo di compleanno?». Infilò la mano nell’altro sacchetto e tirò fuori un cestello di Kentucky Fried Chicken, la ricetta originale, naturalmente. «Ho il gruppo delle carni – il Kentucky – mescolato con il gruppo dei grassi fondamentali per una digestione corretta. Poi ho il gruppo della frutta, lo champagne, il mio preferito. Come faccio a completare la combinazione alimentare del mio compleanno senza il gruppo del latte/cioccolato/zucchero?». Fece un gesto in direzione del telefono con aria disgustata.
Sollevò il coperchio del cestello di Kentucky Fried Chicken, afferrò un cosciotto di pollo e l’addentò. Poi, usandolo per enfatizzare i gesti della mano, proseguì.
«Lo sapete che mi mandate sempre qualcosa di completamente inutile che mi fa ridere e ricordare casa. Ovunque io sia. Come due anni fa, quando mi avete mandato un pluviometro a forma di rana. E non ho nemmeno il prato! E che dire del passatoio con la scritta “Dio benedica questa casa”, che ho dovuto appendere alla parete del mio appartamento, perché non ho una casa!». L’espressione contrariata di CC si stemperò in un sorriso mentre elencava i regali stupidi dei suoi genitori.
«Immagino sia un modo per suggerirmi di sposarmi o, come minimo, di comprarmi una casa».
Masticò pensierosa e sospirò di nuovo, un po’ seccata nel rendersi conto che, con ogni probabilità, dava l’impressione di avere quindici anni anziché venticinque. Poi il viso le si illuminò.
«Ehi, ho dimenticato l’altro messaggio», disse rivolta al telefono. Lo raccolse di nuovo, inserì il codice di accesso alla segreteria e saltò il messaggio dei genitori.
«Messaggio successivo, inviato alle diciannove e trentadue».
CC sorrise con un boccone di pollo in bocca. Probabilmente era Sandy, la sua più vecchia amica; in realtà, era l’unica compagna di liceo con cui CC si teneva ancora in contatto. Sandy la conosceva dal primo anno ed era raro che dimenticasse qualcosa, men che meno un compleanno. A lei e CC piaceva farsi grasse risate su come erano riuscite a “fuggire” dalla piccola città di Homer. Sandy aveva trovato un ottimo lavoro in un grande ospedale della ridente e favolosa città di Chicago. La sua qualifica era “Addetta ai rapporti con i medici”, che in realtà voleva dire che si occupava dell’assunzione dei nuovi dottori per l’ospedale; ma a lei e a Sandy piaceva quella qualifica totalmente campata in aria e vagamente scabrosa. Era divertente soprattutto perché Sandy era felicemente sposata e fedele da tre anni.
«Ciao, CC. Sono secoli che non ci sentiamo, tesoro!».
Invece del familiare accento del Midwest di Sandy, la voce aveva l’inflessione lenta e strascicata degli Stati del Sud. «Sono io, Halley. La tua amica preferita. Oddio… ho fatto una bella fatica a trovare il tuo nuovo numero di telefono. Che cattiva a scordarti di darmelo prima di partire».
Il largo sorriso di CC le scivolò via dal viso come la cera da una candela. Halley era una delle poche cose del suo ultimo incarico di cui non sentiva la mancanza.
«Ho solo pochi secondi per parlare. Ti chiamo per ricordarti che manca solo un mese e mezzo al mio trentesimo compleanno – il quindici dicembre, per l’esattezza – e voglio che te lo segni sul calendario».
CC ascoltò incredula. «Ma è un disastro. Sta andando di male in peggio».
«Darò una festa indimenticabile e conto sulla tua partecipazione. Perciò chiedi una licenza al più presto. Spedirò l’invito ufficiale tra una settimana o giù di lì. E, sì, i regali sono graditi». Halley ridacchiò come una Barbie. «A presto. Ciao, per ora!».
«Incredibile». CC premette il pulsante di spegnimento con più forza del necessario. «Prima i miei genitori si scordano del mio compleanno. Poi non solo sembra che se lo sia dimenticato anche la mia più vecchia amica, ma ricevo la telefonata di una pseudo-amica rompiscatole che mi invita alla sua festa!». Lasciò cadere il telefono sul piano della cucina. «Con un mese e mezzo di anticipo!».
CC infilò in frigo la bottiglia di champagne chiusa.
«Considerati la prossima», disse in tono minaccioso. Poi afferrò la bottiglia aperta, il bicchiere mezzo vuoto, il secchiello di KFC e marciò con passo deciso verso il soggiorno, dove apparecchiò il tavolino prima di tornare in cucina a prendere una manciata di tovaglioli. Quando passò davanti al telefono apparentemente silenzioso si fermò e si girò di scatto.
«Oh, no! Non ho finito con te; tu vieni con me». Gettò il telefono accanto a lei sul divano. «Sta’ fermo lì. Ti tengo d’occhio».
CC scelse un altro cosciotto di pollo deliziosamente unto, accese la TV… e mandò un gemito. Sullo schermo non c’erano che scariche.
«Oh, no! L’abbonamento!». Poiché sarebbe stata all’estero per tre mesi, aveva deciso di sospendere temporaneamente l’abbonamento alla televisione via cavo, compiacendosi di essere stata tanto oculata. «Stasera no! Gli avevo detto il primo novembre, non il trentun ottobre». Guardò il telefono muto. «Probabilmente c’entri tu».
E scoppiò in una risata, quasi isterica.
«Sto parlando con il telefono». Si versò un altro bicchiere di champagne, notando che la bottiglia era mezzo vuota. Sorseggiò il liquido frizzante con aria pensierosa e poi disse ad alta voce, ignorando volutamente il telefono: «È ovvio che sono necessarie misure di emergenza. È ora di tirare fuori uno dei miei film preferiti».
Stringendo il cosciotto di pollo tra i denti, si asciugò le mani sul tovagliolo di carta prima di aprire il mobiletto delle videocassette accanto al televisore. Con la bocca piena farfugliò i titoli a mano a mano che scorreva la sua collezione segreta.
«Dirty Dancing, Viaggio in Inghilterra, West Side Story, Via con il vento». Fece una pausa e masticò, meditando. «No, troppo lungo… e non è proprio adatto a un compleanno. Mmm…». Continuò a leggere. «Superman, Orgoglio e pregiudizio, L’ultimo dei Mohicani, Turista per caso, Il colore viola, Le streghe di Eastwick». Si fermò.
«Questo fa al caso mio. Un po’ di ragazze con gli attributi». Infilò la videocassetta nel videoregistratore. «No», si corresse. «Questo è meglio delle ragazze con gli attributi… sono donne con gli attributi!». CC levò il bicchiere allo schermo, brindando a ciascuna delle esuberanti dee cinematografiche a mano a mano che comparivano. Erano uniche e favolose.
Cher era misteriosa ed esotica, con labbra tumide e perfette, e un sacco di boccoli seducenti che le incorniciavano il viso come la criniera di una leonessa bruna e feroce.
CC sospirò. Non poteva fare proprio nulla per le proprie labbra piccole… se l’avesse fatto, sarebbero sembrate il risultato di un esperimento scientifico. Ma tutto ciò che la riguardava era piccolo. Forse era giunto il momento di rivedere il suo taglio di capelli alla maschietta.
Michelle Pfeiffer… quella sì che era uno schianto. Anche nel ruolo di prolifica mamma continuava a essere indiscutibilmente un’eterea bellezza bionda.
Nessuno avrebbe mai detto a lei “carina”.
E Susan Sarandon. Non sembrava sciatta nemmeno quando era vestita da vecchia maestra di musica. Trasudava sensualità.
Nessun uomo l’avrebbe mai considerata solo un’amica. Non un uomo eterosessuale, quantomeno.
«A tre donne incredibili che sono tutto quello che vorrei essere!». Stentò a credere che il bicchiere fosse vuoto… e pure la bottiglia.
«È una gran fortuna che ne abbiamo un’altra». Diede un colpetto affettuoso al telefono prima di andare a salvare la seconda bottiglia di champagne dalla solitudine del frigo.
Trascurando il fatto di essere un po’ malferma sulle gambe, tornò a sedere sul divano, afferrò un quarto cosciotto di pollo e lanciò un’occhiata di sbieco al telefono sempre muto. «Scommetto che ti sconvolge che una persona così piccola possa mangiare tanto».
La risposta fu uno squillo acutissimo.
CC trasalì, quasi strozzandosi con un boccone mezzo masticato. «Santo cielo, mi hai spaventato a morte!».
Il telefono squillò di nuovo.
«CC, è un telefono. Datti una regolata!». Scosse la testa per la propria stupidità.
L’apparecchio squillò di nuovo prima che lei si pulisse le mani e si calmasse abbastanza da rispondere.
«Pro… pronto?», esitò.
«Vorrei parlare con Christine Canady, per favore», rispose una voce femminile sconosciuta ma gradevole.
«Sono io». CC mise in pausa Le streghe di Eastwick con il telecomando.
«Miss Canady, sono Jess Brown del Woodland Hills Resort di Branson, Missouri. La chiamo per informarla che i suoi genitori, Elinor e Herb, le hanno regalato un fine settimana a Branson nel nostro bellissimo resort per il suo ventiduesimo compleanno! Buon compleanno, Miss Canady!». CC poteva quasi vedere Jess Brown irradiare gioia da Branson fin lì. Ovunque si trovasse Branson.
«Venticinque», fu tutto quello che riuscì dire.
«Prego?»
«Ne compio venticinque, non ventidue».
«No». Dall’altro capo del telefono giunse un frenetico fruscio di carta. «No, qui dice proprio così… Christine Canady, ventiduesimo compleanno».
«Ma non è vero».
«Non è lei Christine Canady?», domandò Jess, preoccupata.
«Non è vero che sono ventidue!». CC sbirciò la seconda bottiglia di champagne appena stappata. Forse era ubriaca e aveva le allucinazioni.
«Ma lei è Christine Canady?»
«Sì».
«E i suoi genitori sono Elinor e Herb Canady?»
«Sì».
«Be’, purché sia lei, il resto non conta, immagino», concluse Jess, chiaramente sollevata.
«Immagino di no». CC si strinse nelle spalle con aria rassegnata. Decise che tanto valeva stare al gioco.
«Bene!». La voce di Jess tornò vivace. «Allora, ecco alcuni piccoli dettagli che è bene che sappia. Può programmare il suo fine settimana in qualsiasi momento nel corso dell’anno prossimo, ma dovrà chiamare per prenotare la sua cabina…».
Cabina? La mente di CC si mise a ronzare. Che cosa avevano combinato?
«…almeno un mese prima o non possiamo garantire la disponibilità. E, naturalmente, questo regalo è per suo uso esclusivo, ma se desidera portare con sé un amico, il resort è disposto a consentirgli di partecipare con una quota simbolica… o totalmente gratuita, se vorrà partecipare a un breve incontro informativo sul nostro complesso in multiproprietà».
CC chiuse gli occhi e si sfregò la tempia destra, dove cominciava a sentire l’eco di un mal di testa.
«E con il suo meraviglioso fine settimana a Woodland», aggiunse Jess Brown, «i suoi genitori le hanno generosamente riservato un biglietto per l’Andy Williams Moon River Theater, per assistere a uno degli spettacoli più celebri e replicati di Branson!».
CC non riuscì a trattenere il cupo gemito che le sfuggì dalle labbra.
«Oh, capisco bene il suo entusiasmo!», esultò Jess. «Le invieremo il kit informativo ufficiale per posta. Mi faccia solo ricontrollare il suo indirizzo…».
CC udì se stessa confermarlo con voce legnosa.
«D’accordo! Credo sia tutto ciò che ci serve sapere», si congedò tutta giuliva Jess Brown. «Le auguro una splendida serata, Miss Canady, e un felicissimo compleanno!». E riattaccò.
«Ma Branson dove si trova?», domandò CC al segnale di linea.

Autrice:
Petronilla
 
Ps: è un po' lunghetto come primo capitolo no?

2 commenti:

  1. Benvenuta nel mondo delle blogger librose ^^ M sono aggiunta volentieri al tuo blog :) Un bacio

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